IL CASO

Ginnastica e violenze psicologiche, gli allenatori: "Mettere al centro i ragazzi"

di Luca Goffi
Dopo l'esposto di due atlete bresciane di ginnastica ritmica per presunti maltrattamenti psicologici, il parere di due esperti. Il coach di An Brescia: "Fino a 13 anni conta solo trasmettere l'amore per lo sport". Il tecnico di atletica: "Il risultato non giustifica forzature medico-comportamentali"
Il caso delle denunce per violenze psicologiche delle ragazze della ritmica suscita molti interrogativi
Il caso delle denunce per violenze psicologiche delle ragazze della ritmica suscita molti interrogativi
Il caso delle denunce per violenze psicologiche delle ragazze della ritmica suscita molti interrogativi
Il caso delle denunce per violenze psicologiche delle ragazze della ritmica suscita molti interrogativi

Lo spirito di sacrificio nello sport è tutto. Innalzare le proprie prestazioni ad un livello superiore richiede una tempra, un’ossessività e una costanza rare. Ma per progredire è necessario conoscere i propri limiti.

Per rapportarsi con i ragazzini, i tecnici sono consapevoli di dover prestare grande delicatezza nell’approccio, per non trasformare la disciplina sportiva in una «tortura». Inoltre quando ci si rapporta con una persona ancora alla scoperta di sé, un giudizio in libertà e frettoloso potrebbe causare dei turbamenti. Dunque, gli allenatori devono relazionarsi ed entrare in sintonia con le persone che hanno di fronte. Il  caso dell'esposto presentato da due ginnaste bresciane per presunti maltrattamenti psicologici apre il dibattito sul delicato equilibrio tra risultati sportivi e benessere dei giovani atleti.

Leggi anche
Ginnastica ritmica e violenze psicologiche: la denuncia di due atlete bresciane

Priorità: creare un ambiente sano

Il tecnico dell’An Brescia, Alessandro Bovo
Il tecnico dell’An Brescia, Alessandro Bovo

«Fino ai 13 anni l’obiettivo è trasmettere l’amore per lo sport. Questo è l’aspetto più importante perché l’agonismo subentra in seguito - dichiara Alessandro Bovo, coach dell’AN Brescia e responsabile del settore giovanile -. La nostra premura è creare un ambiente sano e suscitare nei ragazzi il desiderio di divertirsi». Insomma, la delicatezza nel rapportarsi con persone molto sensibili che vivono il tumulto della giovane età.

«Con gli adolescenti, il nostro intento principale è contribuire nella formazione della persona. I genitori devono comportarsi come tali, gli allenatori anche - spiega Alessandro Bovo -. Al centro c’è il ragazzo, non le ambizioni di genitori o allenatori. Corretto pretendere la presenza e la puntualità agli allenamenti, infatti questo aiuta i ragazzi a organizzarsi, ad avere una programmazione della propria vita e la cura del proprio corpo».

In fondo ben pochi approdano al professionismo, quindi la valorizzazione di un percorso di vita attraverso lo sport è fondamentale per un allenatore. «È giusto imparare a convivere con le delusioni, con le vittorie e maturare un senso di responsabilità nei confronti dei propri compagni di squadra. L’equilibrio è fondamentale - analizza Bovo -. Mi fa molto piacere incontrare ex ragazzi delle giovanili che hanno scelto un percorso di vita differente ma che ricordano con entusiasmo l’esperienza in vasca».

Con i giovani deve prevalere l'aspetto formativo, rispetto a quello tecnico

Alfredo Febbrari sulla pista di Sanpolino
Alfredo Febbrari sulla pista di Sanpolino

Dunque la visione degli allenatori definisce una cesura netta tra l’impartire delle lezioni ad un adolescente rispetto ad un atleta maturo. «L’aspetto tecnico non deve mai implicare delle forzature mediche e comportamentali. Con un atleta professionista quando si rilevano delle anomalie, la prima cosa da fare è indirizzarlo da uno specialista - spiega Alfredo Febbrari, tecnico di atletica e docente universitario, oltre che insegnante di educazione fisica -. Sia per i professionisti sia per gli adolescenti, il raggiungimento del risultato non deve mai implicare delle forzature medico-comportamentali».

Con i ragazzini inevitabilmente le accortezze sono maggiori, inoltre non si può ignorare l’aspetto pedagogico. «Con i giovani prevale l’aspetto formativo rispetto a quello tecnico. Prima devono diventare uomini e donne, se si forma la persona questa riesce ad affrontare tutte le fatiche dello sportivo - riflette il docente -. Gli adolescenti, ossia giovani atleti in divenire, bisogna rispettarli ed adattarsi alla loro personalità».

Umiltà da parte di tutti e pudore nel custodire i sogni - anche un pochino effimeri - degli adolescenti. «L’allenatore che interpreta il proprio ruolo per ottenere notorietà personale oltre ad essere controproducente, provoca dei danni ai ragazzi - chiosa Febbrari -. Infatti la percentuale di atleti che riesce ad affermarsi è veramente ridotta, quindi è bene concentrarsi sulla modalità in cui non disperdere il talento, la motivazione e lasciare un bel ricordo dell’esperienza sportiva». Insomma, lo sport è l’occasione per gli adolescenti di esplorare e scoprire se stessi prima di superare i propri limiti.

Suggerimenti