la sentenza

Femminicidio di Agnosine, ergastolo anche in appello per Paolo Vecchia

di Mario Pari
Il 54enne il 13 settembre 2021 colpì con 40 coltellate la moglie Giuseppina Di Luca. Il legale: «Dolo d’impeto, non premeditato»
A sinistra, Giuseppina Di Luca, la vittima. A destra, la scientifica sul luogo del delitto
A sinistra, Giuseppina Di Luca, la vittima. A destra, la scientifica sul luogo del delitto
A sinistra, Giuseppina Di Luca, la vittima. A destra, la scientifica sul luogo del delitto
A sinistra, Giuseppina Di Luca, la vittima. A destra, la scientifica sul luogo del delitto

Carcere a vita, anche al termine del processo di secondo grado a carico di Paolo Vecchia. Il 54enne di Sabbio Chiese, il 13 settembre di tre anni fa uccise la moglie Giuseppina Di Luca, da cui si stava separando, con 40 coltellate. Il delitto avvenne ad Agnosine dove la donna era andata a vivere il 1°agosto dello stesso anno. La conferma della condanna inflitta in primo grado, ieri è stata chiesta anche dal sostituto procuratore generale Rita Caccamo, al termine della requisitoria. Il magistrato ha anche spiegato che «l’omicidio è l’ultimo atto del comportamento di Paolo Vecchia, di continue vessazioni». E ancora: «I maltrattamenti sono stati la culla dell’omicidio»

Paolo Vecchia condannato all'ergastolo anche in appello per l'uccisione della moglie Giuseppina Di Luca
Paolo Vecchia condannato all'ergastolo anche in appello per l'uccisione della moglie Giuseppina Di Luca

La parte civile

L’avvocato di parte civile Giovanni Brunelli si è riportato alle conclusioni della pubblica accusa. Ha segnalato alla corte d’assise d’appello «l’ inverosimiglianza del narrato dell’imputato». Ha quindi fatto riferimento a quanto dichiarato dall’imputato, cioè che: «lui è giunto sul luogo del fatto con i due coltelli, ma la finalità era quella di intimidire la ex per convincerla ad ascoltarlo».

Questo ha spiegato l’avvocato Brunelli «è inverosimile alla luce della stazza del Vecchia e del carattere mite della vittima, inverosimile che avesse bisogno di coltelli. Ma è, inverosimile anche il suo narrato: gli sarebbero caduti i coltelli dalla tasca, li ha tirati fuori entrambi lui. Inverosimile, inoltre che la vittima sia riuscita a impadronirsi del coltello e che la stessa abbia rivelato in quella fase la nuova relazione. Di sicuro non riveli in quel momento la relazione, davanti a due coltelli».

L’avvocato Roberto Lancellotti, difensore di Vecchia, ha sottolineato che «la volontà di separarsi era maturata da tempo» e che «è stato Vecchia a chiamare l’avvocato amico. Ed è l’avvocato a dare alla vittima l’indicazione di un assistente sociale». Nell’incontro la «signora appare lucida, la situazione migliorata e dichiara di non aver mai subito atti di violenza fisica da parte del coniuge. C’erano stati solo diverbi accesi per motivi economici» Poi, ha aggiunto l’avvocato «la moglie se ne va di casa e solo il 13 settembre lui si rende conto che lei non tornerà. Cerca di avere un confronto, ma si trova un muro davanti».In quanto ai propositi omicidiari «in dieci su tredici dicono che non lo prendono sul serio».

Inoltre, ha spiegato l’avvocato:«Perchè va ad Agnosine alle sette e aspetta le otto e mezza?». Quel giorno, ha detto quindi «c’è stata una colluttazione, non un aggressione. Esce l’elemento scatenante nuovo: «Non ti voglio più vedere, io ho un altro. È dolo d’impeto, non premeditazione». Il legale ha quindi ricordato le dichiarazioni spontanee di Vecchia in primo grado: «Sono colpevole devo pagare, ma non per quello che non ho commesso».La corte d’assise d’appello ha confermato la sentenza di primo grado.

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