La nuova campagna

Bracconaggio nel Bresciano, i carabinieri forestali fanno scattare 123 denunce in un mese

di Paolo Baldi
Spari fuorilegge trappole, reti e richiami vivi di origine illecita. Brescia rimane una zona d’ombra in campo venatorio
Trappole e vittime sequestrate dai carabinieri forestaliUna cinciallegra  finita nella rete di un bracconiere
Trappole e vittime sequestrate dai carabinieri forestaliUna cinciallegra finita nella rete di un bracconiere
Trappole e vittime sequestrate dai carabinieri forestaliUna cinciallegra  finita nella rete di un bracconiere
Trappole e vittime sequestrate dai carabinieri forestaliUna cinciallegra finita nella rete di un bracconiere

I numeri fanno sempre la differenza, e 123 denunce in poche settimane di attività, tra l’altro ridimensionate da molti giorni di forte maltempo, sono un dato interessante per capire cosa succede nel mondo venatorio bresciano, e non solo in quello.

L'operazione "Pettirosso" dei carabinieri forestali

Il dato è stato fornito dai carabinieri forestali del reparto specializzato Soarda (Sezione operativa antibracconaggio e reati in danno degli animali), protagonisti tra ottobre e novembre della nuova, impegnativa «Operazione pettirosso». Muovendosi in tutte le tre valli, in pianura, in Franciacorta e nell’area gardesana (e facendo un paio di «extra» in Veneto e nel Mantovano), i militari hanno sorpreso uccellatori alle prese con reti e trappole, trafficanti di avifauna dotati anche del necessario per produrre o falsificare gli anellini di riconoscimento dei richiami vivi, possessori di armi illegali (a Collio c’è stato per questo anche l’arresto di un trappolatore che nascondeva un fucile con matricola abrasa), e moltissimi cacciatori che usavano richiami elettroacustici e richiami vivi di provenienza illecita; senza contare l’abbattimento di specie protette.

Tra i denunciati il consigliere regionale Bravo

Nell’elenco pure una denuncia eccellente: il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Carlo Bravo, accusato di falsificazione di sigilli perché alcuni dei suoi tordi erano dotati di anellini apparentemente manipolati.

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Quella del commercio illegale di avifauna, e dell’utilizzo di sigilli destinati ai soli uccelli di allevamento e presenti invece sui tarsi di esemplari catturati con le reti o rubati nei nidi, è una piaga sulla quale hanno indagato e indagano (con decine di denunce e di sequestri) almeno quattro procure italiane, quelle di Udine, Pesaro-Urbino, Trento e Perugia, mentre da Brescia non arrivano segnali.

Il Bresciano territorio del business

Ma un dato è certo: le indagini evidenziano che il Bresciano è sempre lo snodo (punto di arrivo e/o di distribuzione) del business. Era per esempio un trafficante quello sorpreso con reti e richiamo elettroacustico acceso in piena notte nella sua cascina di Calvisano, e che prima di consegnarsi è riuscito a liberare gran parte dei tordi catturati barricandosi in casa. Annotava su un’agenda tutte le catture, e ne aveva registrate una media di 80 a notte. Due settimane dopo è stato ridenunciato perché trovato a caccia con un fonofil.

Era un trafficante anche il capannista bloccato sulle reti a Montisola: la perquisizione ha portato alla scoperta di uccelli appena presi e del necessario per modificare i soliti anellini legalizzando le sue prede prima di immetterle sul mercato.

Distribuivano esemplari protetti anche padre e figlio finiti nei guai a Bione: il primo preso su una rete da 20 metri affiancata da pettirossi e passere scopaiole come esche, il secondo nel fienile che usava come deposito per gli esemplari di cattura.

E faceva lo stesso l’uccellatore di San Lino di Agnosine che utilizzava l’areale recintato di un capanno da caccia per catturare di tutto usando lucherini, fringuelli e frosoni come richiami.

Il trappolaggio

Passando al trappolaggio, la Sezione antibracconaggio ha individuato proprietari di tese di sep un po’ ovunque: dall’allevatore di Pertica Bassa al vobarnese che aveva trasformato in un sito di cattura l’orto della sua seconda casa di Barghe, passando per il gestore di un orto di Capovalle preso mentre spennava i pettirossi appena catturati, o per l’albergatore-ristoratore di Sulzano che aveva piazzato decine di trappole con vista piscina nel giardino del suo hotel fermo per la pausa invernale.

Enclave del trappolaggio

I carabinieri forestali, che hanno contato sul contributo dei volontari di Cabs, Lac, Legambiente, Lipu, Wwf, Nogez e Fare ambiente, hanno poi messo le mani sul gestore di una delle grandi tese di sep che un pool di bracconieri gestisce nelle frazioni alte di Bovegno: un risultato parziale ma importante, perché si parla di una enclave sorvegliata da sentinelle quando la cattura è in atto.

Gli archetti, crudelissime trappole

Quest’anno sono riapparsi sulla scena anche i crudelissimi archetti, trappole quasi scomparse ma utilizzate ancora da uccellatori colti sul fatto a Tavernole, Brozzo di Marcheno, Gardone e Pezzaze, e tra un controllo sull’avifauna e l’altro, il Soarda ha arrestato anche una seconda persona che, oltre che di uccellagione, si occupava di stupefacenti: 22 richiami vivi con i soliti anellini falsificati e una scorta di hashish e canapa indiana. Chiudiamo con altri numeri dell’Operazione pettirosso: 3.564 uccelli sequestrati (1.443 quelli vivi), insieme a 75 fucili, 4.055 munizioni da caccia e 1.338 «pezzi» tra trappole, reti e fonofil.

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